
David Bowie | Heroes (1977)
Sperimentazione e inni generazionali coesistono nel capolavoro berlinese di Bowie
Heroes, seconda parte della trilogia di Berlino, è l’unico dei tre album ad essere stato creato e realizzato interamente in Germania. Bowie ha dismesso i panni della rockstar glamour e dissoluta ed è riuscito ad integrarsi nella città, nei suoi ambienti artistici e musicali; completamente disintossicatosi dalle droghe, riesce a realizzare meglio le sue idee musicali e il disco in gestazione appare subito venato di ottimismo. Permane, tuttavia, lo spettro della Guerra Fredda e lo studio di registrazione Hansa by the Wall è situato a soli 500 metri dal muro di Berlino e secondo quanto dice Visconti le guardie russe li spiavano con grandi binocoli. Si riparte dunque, questa volta con un ospite d’eccezione: Robert Fripp, che si trasferisce a Berlino da Bowie insieme con Brian Eno, per realizzare uno dei suoi non rari capolavori chitarristici. Persino la copertina sarà destinata a far parlare di sè, con il ritratto del cantante in una posa ispirata alle opere dell’artista Eric Heckel (in quella di Low egli aveva scelto un profilo più minimalista scegliendo un fotogramma del film L’uomo che cadde sulla terra che lo ritraeva nei panni del protagonista). Dieci nuovi brani, dieci diamanti consegnati alla storia nel 1977: si comincia con Beauty And The Beast, rock irrequieto su cui aleggiano la ricca elettronica di Brian Eno e il pianoforte naturale tanto caro a Bowie: i riff di Robert Fripp avvolgono la voce cupa e baritonale del cantante e quella di Antonia Maass in una fitta nebbia timbrica. Fripp apre anche Joe The Lion con una chitarra molto distorta a celebrare la figura dell’artista-performer Chris Burden, autore di body art piuttosto “forti” nei primi Anni Settanta. Bowie aggredisce il brano con una voce incurante degli standard più comuni su intonazione ed emissione del soffio vocale a testimonianza della sua forza vitale ritrovata della sua buona salute (anche mentale).
La terza traccia, la titletrack “Heroes” (con le virgolette a sottolineare l’ironia del tributo al brano Hero del gruppo tedesco Neu!) da sola vale l’album intero. Heroes è un brano commovente, struggente, languido e malinconico e tante altre cose che vengono racchiuse dentro quell’unica frase di forza straordinaria “possiamo essere eroi, solo per un giorno” che coglie all’improvviso il nostro cuore sciogliendoci in quell’inno alla vita. “Heroes” nasce dalla storia di due giovani innamorati che si baciano a Berlino all’ombra del Muro e che nonostante la sorte sfortunata di quella città non rinunciano al loro sogno di felicità, di migliorare la loro esistenza. Bowie canta con veemenza tutto questo innalzandosi in volo sugli strumenti che sostengono al meglio la struttura compositiva del brano ma anch’essi si sciolgono alla fine di fronte alla forza del cantato divenuto urlo eccitato e disperato… difficile rimanere insensibili..!! Robert Fripp, nel suo modo unico, compie un capolavoro di inventiva creando un’onda continua con la sua chitarra, un sustain di tutto il brano, quasi un duetto-duello con la voce di Bowie e Brian Eno ci mette di suo quel senso dell’epico, del glorioso che pervade tutto il pezzo.
Sons Of The Silent Age, il sassofono diventa protagonista insieme con la voce di Bowie mentre egli enuncia versi che potrebbero essere interpretati in vari modi fino a chiedere il silenzio con voce sforzata. Blackout, brano di stampo industrial con Brian Eno in evidenza. V-2 Schneider, si ispira a quel primo terribile missile balistico lanciato dalla Germania contro Londra ed il Belgio nella Seconda Guerra Mondiale e al membro fondatore dei Kraftwerk Florian Schneider: il brano inizia con un phasing che imita il rumore del missile, ma i veri protagonisti sono sintetizzatori e sassofoni accompagnati in alcuni momenti da cori distanti.
Sense Of Doubt, brano cupo e claustrofobico di difficile ascolto, tra le note leggiamo lamenti e morte, cieli sporchi di smog e strade vuote: l’andamento è quello di una colonna sonora e non ha caso questo brano fu scelto insieme ad “Heroes” e altri per commentare molte scene del film Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino del 1981, tratto dall’omonimo romanzo di Christiane Felscherinow e che contiene anche un cameo dello stesso Bowie. Moss Garden, altro brano strumentale con Brian Eno co-autore, contiene delle scale che traggono ispirazione dalla musica orientale ed è suonato sul Koto uno strumento della tradizione giapponese: atmosfere elettroniche algide e rarefatte creano uno stacco netto con il brano precedente rischiarando un po’ l’umore dell’ascoltatore. Neuköln, brano che rimarrà famoso negli anni, bene rappresenta con il sassofono irrequieto di Bowie che si stacca dallo sfondo sonoro, l’atmosfera del quartiere berlinese omonimo che ospita la comunità turca durante quegli anni di Guerra Fredda.
The Secret Life Of Arabia, brano completamente diverso dal resto dell’album, protagonista Carlos Alomar, con un Bowie ironico e sornione in un aria funky, a tratti disco con sberleffi mediorientali, anticipa molte delle cose che ascolteremo negli anni Ottanta. “Heroes” resta uno dei classici dell’arte del Novecento, testimone asciutto e oggettivo degli stati d’animo dell’artista e dell’ambiente berlinese di quel periodo così travagliato.