
Brian Eno | Music for Films (1978)
Una "colonna sonora per film immaginari". Diciotto quadretti ambient che preconizzano il leggendario Music For Airports
Nello stesso anno della diffusione del manifesto ambient Music For Airports, Brian Eno pubblica un album che – pur rifacendosi, fin dal titolo, al suo capolavoro – stravolge gran parte di quello che era stata la musica intesa come “arredamento, musica per ambienti o per “aeroporti”. Ideato già nel 1976 ma pubblicato due anni dopo, Music For Films rinnega uno dei dettami fondamentali della musica minimalista di Terry Riley, Philiph Glass o di Steve Reich; supera quell’idea che il brano dovesse svilupparsi lentamente nel tempo, in molto tempo, con variazioni minime ma costanti che richiedano inevitabilmente grande lunghezza, come era evidente nei tanti capolavori del minimalismo americano. Se si pensa che nel 1978 viene pubblicato anche un altro capolavoro della musica ambient, The Pavilion of Dreams di Harold Budd – tra l’altro sempre con la collaborazione di Eno – si capisce quanto il 1978 sia stato un anno davvero fondamentale. E Music for Films è una tappa evolutiva fondamentale di un lungo processo che ha origini antiche (avanguardia, Stockhausen, musica concreta).

Brian Eno negli anni settanta
Music for Films è formato da ben diciotto brevissime miniature ambient, piccoli schizzi di idee, che usano il concetto di film per dimostrare che possono bastare due o tre minuti per ricreare un ambiente, un sottofondo. E’ musica per film, ma i film non esistono; Brian Eno ci dice che i film dobbiamo immaginarli noi nella nostra mente, usando la sua musica come mezzo per viaggiare. E’ un concetto quasi psichedelico di intendere l’ascolto. Come Eno ha sempre ribadito, la musica ambient riempe un ambiente; si può sia ascoltare con attenzione, sia non ascoltarla affatto, proprio come un arredamento si può guardare o ignorare. Music for Films invece va ascoltato con attenzione per poter usufruire appieno delle sue potenzialità. Brian Eno in un’intervista dice: “Con Music for Films pensavo di creare musica d’ambiente per persone con brevi tempi di attenzione“. I diciotto brani scindono in modo quasi atomistico le lunghe digressioni di quello che era stato il minimalismo, di Music for Airports o di Discreet Music (1975). Brian Eno stava – ancora una volta – riscrivendo le basi stesse della musica elettronica; è superfluo ribadirlo, ma non esiste musicista elettronico negli ultimi cinquant’anni che non abbia dovuto fare i conti con le idee di Eno. E’ persino probabile che – ancora oggi – le sue intuizioni non siano state comprese del tutto.

Brian Eno
I film da immaginare sono tanti; si passa da atmosfere chiaramente space ad altre quasi religiose, da ambientazioni noir a inattesi ritmi robotici. L’album – a testimonianza di quanto il non-musicista Eno fosse stimato e rispettato dai musicisti veri – vede collaborazioni di altissimo livello; John Cale suona la viola in Patrolling Wire Borders, Phil Collins alle percussioni, Fred Frith alla chitarra, Robert Fripp suona la chitarra elettrica in Slow Water, Bill MacCormick dei Matching Mole al basso in Two Rapid Formations.
Uno dei momenti più riusciti è l’incantevole Sparrowfalls – divisa in tre parti – dall’andamento onirico e religioso allo stesso tempo, preghiera elettronica per un nuovo millennio.
Basta poco a Eno per farci cambiare totalmente scenario; bastano esattamente due semplici bip ed eccoci in uno dei brani spaziali più evocativi che si possano ascoltare. Con Alternative 3 Eno ci trasporta in soli tre minuti nello spazio profondo, lo stesso spazio a cui Klaus Schulze e i Tangerine Dream avevano dedicato suite di venti minuti.
Events in Dense Fog e From the Same Hill fanno rivivere le magie di Hosianna Mantra dei Popol Vuh, mentre John Cale in Patrolling Wire Borders disegna – con la sua viola – uno dei momenti più tesi dell’album.
Two Rapid Formations – con Bill MacCormick al basso – ha chiarissimi riferimenti ai primi esperimenti ambient dei Neu!, mentre A Measured Room sembra trasportarci in un noir americano anni trenta.
Brian Eno e Fripp suonano insieme in Slow Water, brano di straordinaria bellezza; solo pochi minuti, ma il piano di Eno e la chitarra di Fripp avrebbero potuto creare un capolavoro di venti minuti degno di Music for Airports.
Molto interessante la danza robotica new wave di M386 che ricorda sia le ballate alienate dei Joy Division che le bizzarre sonorità dei Residents; l’album si chiude con Final Sunset che – col suo andamento macabro – sembra descrivere l’ultimo tramonto di una Terra ormai priva di uomini.
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