
Brian Eno | Before and After Science (1977)
Il disco capolavoro del mago del suono Brian Eno, una cosmica e primitiva immersione nella musica "prima e dopo la scienza".
Prima di parlare di un album così influente, bisogna innanzitutto premettere due cose. In primis, a differenza dei precedenti dischi di Brian Eno, che hanno avuto una genesi relativamente breve, Before And After Science fu il frutto di due anni di lavoro intenso, un lungo periodo in cui è l’ex Roxy Music è stato anche occupato a lavorare sulle sperimentazioni ambient di Discreet Music e Music for Films. In secondo luogo, il disco venne rilasciato poco dopo l’immersione di Brian Eno nel mondo di David Bowie e, proprio per questo, risente dell’influenza del “periodo berlinese” del Duca Bianco, virando in maniera bipolare tra evocativi pezzi strumentali e tradizionali canzoni rock. Più affine a Low che a Heroes, data soprattutto l’assenza di clamorosi inni rock, il disco venne tuttavia concepito come un esperimento di composizione in studio: nonostante il prodotto finito non riveli granché della tecnica utilizzata, le canzoni vennero infatti registrate e assemblate su densi strati, per poi essere successivamente decostruite. Come nelle precedenti registrazioni, anche per Before and After Science Brian Eno si circondò inoltre di un affollato parterre di musicisti ospiti, tra cui ricordiamo Fred Frith (Henry Cow), Jaki Liebezeit (Can), Dieter Moebius e Hans-Joachim Roedelius (Cluster), Dave Mattacks (Fairport Convention), Andy Fraser (Free), Percy Jones (Brand X), Phil Collins (Genesis), Robert Fripp (King Crimson), Paul Rudolph (Hawkwind), Bill McCormick e Phil Manzanera (Quiet Sun), mentre Robert Wyatt collaborò invece in alcune tracce sotto lo pseudonimo di Shirley Williams.

Brian Eno e i Cluster
Nel primo lato, “prima della scienza” troviamo l’edonistica No One Receiving, stretta da un funk inamidato dalla voce sorniona di Eno che dona alla canzone un vibe abbastanza insolito: sotto il rombo del basso di Percy Jones, Brian impila la traccia in una ragnatela di sintetizzatori e percussioni, plasmando una danza tribale che quasi prefigura i suoi impegni futuri coi Talking Heads. L’album prosegue con Eno al pianoforte e con i tamburi robotici di Jaki Liebezeit che ibernano la paranoica Backwater, mentre l’esoterica Kurt’s Rejoinder si snoda poi tra i campionamenti del dadaista Kurt Schwitters intento a recitare il suo poema “The Ursonate” e le percussioni primitive di Robert Wyatt.
Il cerimoniale strumentale di Energy Fools the Magician riverbera inquietante almeno quanto il suo titolo. D’altronde, la posizione di Brian Eno è sempre stata ambigua per definizione: figlio perfetto della scienza, l‘ex Roxy Music ha saputo usare il suo razionalismo per celebrare il mistero. Per lui, la tecnologia non è solo un macchinario spietato, ma può anche divenire uno strumento di gioia e conoscenza. E’ questo anche il caso dell’elettro-boogie di King’s Lead Hat (anagramma dei Talking Heads) in cui raggiungiamo la conclusione della prima parte, con una composizione infangata dalle chitarre di Robert Fripp e Phil Manzanera che ci spingono verso altezze vertiginose prima di lasciarci crollare nella seconda metà, completamente diversa ed emarginata, arroccata nel suo mondo lontano da ogni ecumene.
“Dopo la scienza” vi è un lento e lunatico decostruzionismo che prefigura l’elettronica ambient dei lavori futuri di Eno: si passa dalla quieta new-wave di Here He Comes all’ipnotica ballata di Julie With…, in cui la melodia vocale è solo il tocco finale per uno dei più pezzi più rilassanti di sempre. Fluttua invece sulle sponde dell’ipostasi By This River, che vede la collaborazione degli amici tedeschi Dieter Moeibus e Hans-Joachim Roedelius dei Cluster, coi quali Eno aveva rilasciato l’album Cluster & Eno nello stesso anno. Una melodia solipsistica dipinge un fiume colmo di estasi e serenità, le cui limpide acque vengono mosse soltanto dalla ripetizione di qualche semplice nota.
Al nichilismo ambient di Through Hollow Lands segue poi il rigonfiamento del suono della catartica Spider and I, che sigilla il disco con la sua nebbiosa intensità emotiva, concludendo il viaggio con una rete atmosferica di sintetizzatori che chiudono così l’era del “dopo-scienza“.
La traiettoria tracciata da Here Come the Warm Jets raggiunge il suo apice in questo disco, portando a compimento la rivoluzione iniziata con Another Green World. Diviso in due metà speculari eppure molto diverse, Before and After Science rappresenta il perfetto trait d’union tra il rock del passato e i futuri lavori ambient del mago del suono.