
Brainticket | Cottonwoodhill (1971)
Il mix creato dai Brainticket è ricco ed originale, soprattutto psichedelico ma dalle forti tendenze progressive con ritmi ipnotici, tastiere, flauto, voci femminili carezzevoli e sensuali, lunghe improvvisazioni a volte scomposte e naturalmente molte altre cose di più difficile interpretazione.
“Ascoltare solo una volta al giorno. Il tuo cervello potrebbe danneggiarsi. Hallelujah Records non si assume nessuna responsabilità”.
La nota di copertina dell’album Cottonwoodhill della band dei Brainticket, la dice lunga sui contenuti della loro musica. La line-up che nel 1971 inciderà questo album d’esordio sarà composta da Joel Vandroogenbroeck, organo, tastiere, flauto, voce, nonchè frontman del gruppo, Ron Bryer, chitarra, Werni Fröhlich, basso, Cosimo Lampis, batteria, Wolfgang Paap, percussioni, tabla, Dawn Muir, voce ed Hellmuth Kolbe, tastiere, potenziometri, generatori ed effetti sonori. La band di origine belga in realtà accoglie musicisti di molti Paesi europei per mettere a punto un progetto di musica che esprimesse le tendenze che in quel momento si andavano sempre più affermando, cioè la Musica Psichedelica, il Rock Progressivo e la Kosmische Musik. Il mix creato dal gruppo è ricco ed originale, soprattutto psichedelico ma dalle forti tendenze progressive con ritmi ipnotici, tastiere, flauto, voci femminili carezzevoli e sensuali, lunghe improvvisazioni a volte scomposte e naturalmente molte altre cose di più difficile interpretazione.
A causa degli avvertimenti sulla copertina ma più probabilmente per i contenuti o per entrambe le cose, l’album fu vietato in molti Paesi, soprattutto quelli che in quel momento subivano dittature di destra come Spagna, Portogallo e Grecia e nei Paesi comunisti, sebbene si dice che molte copie del disco furono contrabbandate attraverso la Cortina di Ferro. Cottonwoodhill non è certamente un album per tutti e potrebbe infliggere a vostro nonno un attacco di cuore: tuttavia è un disco che cerca (e trova) risposte ai disagi del suo tempo e continua ancora oggi ad essere attuale, visto che quei disagi non sono del tutto passati e anzi sono in buona parte ancora attuali. I musicisti che lo composero pagarono tutto questo con un parziale insuccesso che destabilizzò fortemente il gruppo. Per i Brainticket sono passati molti musicisti che si sono aggiunti di volta in volta alla line-up storica: in realtà la band era più che altro una comunità e a detta di Vandroogenbroeck, il fondatore ed esponente di spicco del gruppo: “…erano tempi estremamente creativi dove tutti avevano qualcosa da dire e volevano realizzare nuovi progetti. Con tutte queste idee che circolavano, era fatale che ci fosse spesso molta disorganizzazione; ma nel complesso siamo riusciti a dedicarci allo sviluppo di un sound che ci identificasse.” Il musicista, che oggi ha superato i settantacinque anni, aggiunge ancora: “…abbiamo dovuto affrontare molti momenti critici: alcuni, all’epoca, dissero che eravamo lo specchio del nostro tempo e concordavano con quanto stavamo facendo. Altri, come la radio tedesca, non erano d’accordo e affermavano che la nostra musica era come un brutto viaggio con l’LSD.”
Il tema di Cottonwoodhill ruota intorno ad una coppia uomo-donna intrappolati nella rete delle emozioni e dei tormenti che aleggiavano nell’aria in quell’epoca: con quel disco, i Brainticket crearono un “heavy-psych sound” che doveva rappresentare quegli stati d’animo, un album, insomma, che lo stesso Vandroogenbroeck definisce: “…aggressivo, nervoso, turbato ed intenso.” La loro musica si sarebbe poi spostata gradualmente verso sonorità più esotiche, e il musicista conclude il suo ragionamento affermando: “…personalmente mi è piaciuto il contrasto tra heavy rock elettrico e le atmosfere morbide e silenziose della natura e di strumenti arcaici naturali [contenuti nell’album]. Mi è piaciuto guardare indietro, alle radici della musica …volevo cercare di capire che musica si suonava in Atlantide, nell’antica Africa, in Egitto e Mesopotamia. Ho sempre pensato che la vibrazione di una corda, di una pelle, di uno strumento a fiato potesse a volte farci scoprire la vibrazione dell’anima.”
Black Sand: brano abbastanza convenzionale per i primi anni Settanta con l’Hammond che si cimenta in un ottimo groove progressive insieme ad una chitarra funky che lampeggia in un trip lisergico iniziando a mettere alla prova l’ascoltatore con folgori elettriche. Voce ingegnerizzata di Vandroogenbroeck su base kosmische per un’atmosfera finale tragica e apocalittica.
Places of Light: una ballata per chitarra, organo e flauto ci aiuta a prendere una pausa dalla pressione emotiva del brano precedente e soprattutto ci introduce all’ascolto della bella voce di Dawn Muir, sensuale e anch’essa ritoccata con interessanti sfumatura elettroniche. In questo pezzo più che altrove si apprezza l’ispirazione progressive del gruppo, lo stile e la personale interpretazione.
Brainticket, Part 1: prima parte della lunga suite che occupa una facciata e mezza del disco. Vetri in frantumi, rumore di suole sulla strada, sirene spiegate, auto in corsa… si apre una frattura netta con quanto si è ascoltato sinora: di nuovo l’Hammond di Vandroogenbroeck e la chitarra di Bryer in un funky ipnotico e maniacale eppoi ancora campanelle, rumori di folla probabilmente in festa, risate stridule e di nuovo vetri rotti… qualcuno si lava i denti, risciacqua e sputa e finalmente la voce di Dawn Muir che acuisce lo smarrimento dell’ascoltatore con ansiti e forti sospiri orgasmici che non hanno nulla di candido e virginale come per esempio i noti “space whispers” di Gilli Smyth dei Gong bensì sono carnali e sensuali, audaci ed impertinenti anticipando di solo un anno la Irene Papas di Infinity Symbol.
Brainticket, Part 1, Conclusion: il brano si apre sulle urla di Dawn Muir cui si sovrappongono altre voci, e ancora campane, fischi di folla inferocita, mitragliatrici e tanto altro rumore informe e composito. Negli ultimi momenti del brano si innalza potente l’elettronica di Kolbe insieme ad urla scimmiesche ed alla Quinta di Beethoven… abbastanza per annichilire anche i più scaltri ascoltatori arrivati fortunosamente in fondo a questa prima facciata.
Brainticket, Part 2: Dawn Muir si è liberata anche delle ultime trasparenti inibizioni ed è l’eccitatissima protagonista di un monologo erotico in cui con versi espliciti enumera i tempi e i modi di un amplesso sibarita… parte un mantra in cui Vandroogenbroeck e compagni ripetono il nome della band e di nuovo martelli pneumatici ad aprire un momento di space rock in cui l’elettronica crea un incanto potente e sinuoso che si arresta sugli ultimi affanni di Dawn Muir… e di nuovo un’esplosione incandescente di suoni e rumori di difficile interpretazione.
Si esce sfiniti dall’ascolto di questo disco, letteralmente senza la forza di alzare un dito..!! Nessuna band, nessun autore underground del Vecchio Continente saprà fare di più e di meglio, potrà mettere in scena un’allucinazione sonora come Cottonwoodhill. Le note di copertina ancora una volta sono esplicite: “Dopo aver ascoltato questo disco i tuoi amici non ti riconosceranno più”.