
Black Widow | Sacrifice (1970)
La fusione perfetta tra progressive e occultismo, un capostipite che apre una nuova strada
I Black Widow, nati a Leicester nel 1970 dalle ceneri dei Pesky Gee, sono uno di quei gruppi la cui importanza storica va oltre la qualità dei loro album. Sono stati, infatti, i precursori di un tipo di rock che aveva come caratteristica l’uso esplicito di temi quali magia, stregoneria, satanismo, occultismo. Questo non fu affatto un furbo espediente commerciale per attirare una fetta di pubblico, fu bensì una scelta onesta e sincera di chi è realmente affascinato dall’argomento. La scelta dei temi non dovrebbe nascondere il fatto che anche la loro musica fu originale, innovativa, colta e contaminata da varie influenze quali il folk tradizionale ed il progressive rock del tipo degli Jethro Tull. Il tutto è inserito in un’atmosfera gotica e tenebrosa che sembrerebbe più adatta alle sonorità hard rock che l’anno prima i Led Zeppelin col loro primo album (Led Zeppelin I, 1969) avevano iniziato a proporre o al protometal dell’album d’esordio dei Black Sabbath (1970). La verità è che il flauto, il clarinetto o il corno di Clive Jones rendono magnificamente i sabba descritti dai testi, forse in modo differente ma altrettanto efficace dei terrificanti groove di Tom Iommi. Se valutiamo Sacrifice per la sua importanza storica, per la sua capacità di battere una nuova strada, allora non credo sia esagerato definirlo una “pietra miliare”.
L’esordio dei Black Widow ebbe subito successo e fece immediatamente parlare di sè. I testi esoterici, l’occultismo e il satanismo divennero facile preda di gruppi di benpensanti che fecero vere e proprie crociate contro Sacrifice. Sopratutto nell’America ancora segnata dai terribili delitti di Charles Manson, ci furono durissime opposizioni ai loro live, ritenuti eccessivamente violenti e diseducativi. Le voci di simulazioni di sacrifici umani non fecero altro che peggiorare le cose. Gruppi di genitori e di preti cattolici cercarono di impedire l’ingresso o perlomeno di convincere i giovani a non assistere allo spettacolo. Queste note di colore non devono però togliere il fatto che i Black Widow non fecero solo appassionanti spettacoli live ma fecero musica, molto spesso di ottimo livello.
I brani migliori sono il manifesto d’intenti Come To The Sabbath, il loro brano più famoso, ossessiva invocazione corale di spiriti maligni (“come, come, come to the sabbat… satan’s there”) alternati dal flauto di Clive Jones che proponendosi come un novello Anderson alleggerisce il brano.
Il brano migliore è l’ottima title-track Sacrifice che nell’accezione di progressive come musica complessa e colta non può che essere definito il vero prog-folk dell’album. Il lungo assolo centrale di flauto di Jones seguito dall’organo di un bravissimo Zoot Taylor sono il meglio della discografia dei Black Widow.
In Ancient Days è da ritenersi un classico del gruppo, un viaggio nel tempo introdotto da un organo volutamente “liturgico” che ci porta in civiltà perdute che in tempi antichissimi praticavano rituali ormai scomparsi.
Sacrifice, creato dalla mente del chitarrista Jim Gannon, impreziosito dalla voce di Kip Trevor e dagli altri musicisti sopracitati è una piccola perla che descrive un modo differente di vedere il progressive. La loro storia è unica, Trevor e compagni sono stati davvero dei pionieri, chi in futuro ripercorrerà la loro strada, non saranno pochi, lo farà in modo molto più duro, brutale e meno sincero, allontanandosi di gran lunga dal mondo del progressive e del folk al quale i Black Widow appartengono di diritto.