
Beatles | Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band (1967)
Dopo essersi chiusi in studio per centinaia di ore, i Beatles danno alle stampe la colonna sonora della Summer of Love
“Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” rappresenta l’apice evolutivo della creatività dei Beatles. Un’evolzione che fu estremamente rapida se pensiamo che si tratta dello stesso gruppo che iniziava la carriera a Liverpool e ad Amburgo nel 1960 e che pubblicava il primo singolo nel 1962. Solo 5 anni separano quindi “Love Me Do” da “Sgt. Pepper’s…”; cinque anni fondamentali per la storia della musica, e in qualche modo quest’album ne rappresenta una sintesi.
Molto spesso la critica fa risalire l’ispirazione per quest’album a “Pet Sounds” dei Beach Boys, uscito a maggio dell’anno prima, criticandone quindi il tasso di innovazione. Dovremmo chiederci se questa esista davvero in campo musicale e quale sia il suo valore assoluto. Forse varrebbe la pena concentrarsi su altro, come le emozioni che un’opera può trasmetterci, e in tal caso le classifiche e il gioco del ‘chi è arrivato prima’ possono essere lasciati da parte. Inoltre quando si cita la discendenza di “Sgt. Pepper’s…” da “Pet Sounds” ci si dimentica sempre del fatto che i Beatles esercitarono un’influenza importante sul lavoro di Brian Wilson, anche per quanto riguarda “Pet Sounds”. Lo stesso Wilson rimase addirittura sconvolto dal primo ascolto di “Sgt. Pepper’s…”. Da questo punto di vista la musica funziona in modo simile al ciclo di vita, morte e rinascita noto come Samsara. (Il vostro guru di fiducia potrà sicuramente confermarvelo.)
“Sgt. Pepper’s…” viene spesso indicato dalla critica musicale a livello mondiale come un capolavoro, se non forse il capolavoro assoluto della musica pop-rock. Spesso si piazza al primo posto delle classifiche dei migliori album di sempre. Nel caso vi stiate chiedendo se valga la pena di ascoltarlo, la risposta è sì, – è un’opera fondamentale -, ed effettivamente è un capolavoro: il capolavoro pop-rock. Avvicinarsi a quest’album e cercare qualcosa di diverso, per un ascoltatore smaliziato o magari proveniente da altri generi, può essere un’esperienza deludente, ma bisognerebbe essere in grado di leggere i vari livelli del disco. I piani di lettura sono infatti molteplici e si nascondono tra le pieghe dei testi, nel contesto culturale, persino nelle tecniche di registrazione utilizzate. “Sgt. Pepper’s…” non è un disco da piazzare nel lettore CD o peggio, nel vostro lettore MP3 per poi ascoltarlo distrattamente. E’ un disco pensato per essere vissuto, lo si intuisce anche dal packaging originale che fu un’operazione di marketing complessa e molto ben studiata. Trovate un LP originale se ne avete la possibilità e date un’occhiata a come è composto per capire cosa intendo. La copertina di quest’album ci mostra i Beatles nelle loro divise multicolori: è l’immagine più nota del gruppo, insieme a quella degli esordi con i quattro ragazzi di Liverpool in giacca e cravatta, che pure appaiono sulla copertina, tra la folla dei personaggi alle spalle della band.
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band
«So let me introduce to you / The one and only Billy Shears.»
Spesso si parla di “Sgt. Pepper’s…” come di un concept album. In realtà, a parte titolo, title track e relativo reprise, si tratta di un album che di concept ha molto poco. Sarebbe più corretto parlare di una cornice che non comprende l’ultima traccia. Una cornice molto ben architettata, che tuttavia, a tratti, ha ben poco a che vedere con il suo contenuto. Tra i collegamenti, più che i brani più chiaramente psichedelici, ci sono i suoni in stile ‘vaudeville’ riscontrabili in alcune tracce.
With a Little Help from My Friends
«Lend me your ears and I’ll sing you a song, / And I’ll try not to sing out of key.»
Cantata da Ringo, è il pezzo che più si avvicina a essere il singolo dell’album. Nessun singolo fu estratto da “Sgt. Pepper’s…”. Dalle sessioni di registrazione dell’album furono estrapolati e rilasciati invece separatamente come singoli “Penny Lane” e “Strawberry Fields Forever”. Questa fu una scelta di cui in seguito George Martin si pentì e rappresenta forse l’unico errore commesso nella produzione di “Sgt. Pepper’s…”.
Inizialmente il concept era del tutto diverso: l’album avrebbe dovuto parlare del passato e della giovinezza dei Beatles, e a tratti nei testi il tema è rintracciabile, ma è chiaro soprattutto nelle canzoni che furono escluse dall’album per essere rilasciate separatamente.
Lucy in the Sky with Diamonds
«Look for the girl with the sun in her eyes, / And she’s gone.»
Una delle vette dell’album a livello compositivo. Un pezzo ad alta concentrazione psichedelica scritto da Lennon su ispirazione di un disegno del figlio.
Getting Better
«Yes I admit it’s getting better / It’s getting better since you’ve been mine.»
Le chitarre distorte di “Getting Better” sono probabilmente la ragione per cui nell’entry italiana di wikipedia di questo disco attualmente si legge ‘hard rock’ tra i generi in cui sarebbe incluso questo album. Un po’ come dire che i Deep Purple fanno gospel perché usano l’organo Hammond.
Fixing a Hole
«And stops my mind from wandering / Where will it go.»
Qualcuno ha suggerito che “Fixing a Hole” sia una canzone che parla di droga (‘get a fix’ sarebbe uno degli slang per l’assunzione di eroina). In realtà non ci sono prove che questa canzone in particolare parli di droga. Paul McCartney ha spiegato che alcuni versi parlano dei fans che stazionavo al di fuori di casa sua ai tempi dei Fab Four. Pare inoltre che la canzone sia stata scritta dopo che Sir Paul abbia dovuto mettere mano personalmente ad un buco al tetto di casa sua: a quanto pare a volte le spiegazioni per una canzone sono più semplici di quello che si crede. Non bisogna comunque sottovalutare l’influenza che ebbero le droghe nella creazione di tale album. In uno scambio di battute sull’argomento con George Martin, McCartney avrebbe affermato che i Beatles erano costantemente sotto l’effetto di droghe durante le registrazioni (perlopiù Marjuana, ma anche LSD), e che “Sgt. Pepper’s…” sarebbe un ‘drug album’. Con questo probabilmente il baronetto intendeva che le esperienze e le sperimentazioni del periodo avessero fortemente influenzato l’album e non certamente che l’assunzione di droghe aiutasse nella composizione.
She’s Leaving Home
«Friday morning at nine o’clock she is far away.»
Paul McCartney afferma di essere molto fiero del fatto che le canzoni dei Beatles non abbiano mai incitato i ragazzi a scappare di casa. E infatti non devono essere molti i pezzi, nella storia del rock, a osservare la fuga di casa di una ragazza dal punto di vista dei genitori. I cori in falsetto sono cortesia di John Lennon.
Being for the Benefit of Mr Kite!
«A splendid time is guaranteed for all / And tonight Mr. Kite is topping the bill.»
Il testo ricalca quello di un manifesto che pubblicizzava uno show circense di metà Ottocento comprato da Lennon. Quello che stupisce è la complessità della registrazione in cui si possono sentire esperimenti notevoli sia a livello di tecniche di registrazione, con un uso intricato di taglia e incolla sui nastri, sia a livello strumentale, con un arrangiamento con organi e fisarmoniche in evidenza.
Within You Without You
«We were talking about the love that’s gone so cold and the people, / Who gain the world and lose their soul.»
Pezzo scritto da Harrison senza alcun apporto del resto della band (né in fase di scrittura né in studio), suonato con un ensemble di musica indiana, è forse il punto più debole dell’album e insieme il passaggio più nettamente psichedelico, fin quasi a sembrare paradossalmente un cliché. Il maestro di Sitar di Harrison fu Ravi Shankar, importantissimo musicista, ponte tra musica orientale e occidentale, nonché padre di Norah Jones.
When I’m Sixty-Four
«Will you still need me, will you still feed me, / When I’m sixty four?»
Paul McCartney nel suo ambiente preferito: canzonetta sdolcinata e richiami ‘vaudeville’. Il pezzo era uno dei primi scritti da Paul quando aveva 16 anni. Nella registrazione la velocità del nastro venne leggermente aumentata su richiesta di Paul, per ringiovanirne la voce e rendere il pezzo più vivace. Linda McCartney morì nel 1998, dopo 39 anni di matrimonio con il bassista dei Beatles. Nel 2006, a 64 anni, Paul McCartney si è separato dalla seconda moglie Heather Mills, al termine di una dura battaglia legale.
Lovely Rita
«And the bag across her shoulder / Made her look a little like a military man.»
Una delle canzoni pop più orecchiabili di tutti i tempi parla di parchimetri e di un’ausiliaria del traffico. Incidentalmente, dal testo, sembra evincersi che Paul McCartney subisca il fascino della divisa. Alle registrazioni di questa canzone erano presenti i Pink Floyd, che faranno poi tesoro delle tecniche di registrazione nel loro primo album “The Piper at the Gates of Dawn”. Durante le registrazioni di “Sgt. Pepper’s…” faranno la loro comparsa altri illustri visitatori, tra cui alcuni membri dei Rolling Stones e una persona fermamente convinta di essere Gesù Cristo.
Good Morning Good Morning
«Then you decide to take a walk by the old school / Nothing has changed it’s still the same / I’ve got nothing to say but it’s OK.»
Provate a capire qual è la logica usata da John Lennon per ordinare i versi di animali all’inizio e alla fine della canzone. Da segnalare anche la ritmica inusuale della canzone, con tempi complessi e un interessante lavoro di Ringo alla batteria; ma in generale è tutto l’album a mostrarci, ad un ascolto attento, come le soluzioni ritmiche usate dal batterista dei Beatles siano originali e al tempo stesso funzionali ai pezzi.
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise)
«We’re Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band / We hope you have enjoyed the show.»
Il concetto di reprise non è certo nato con questa canzone, ma dopo quest’album sarà sicuramente più facile ritrovarlo in diversi album nell’ambito della musica pop e rock. In questo caso l’idea fu del road manager dei Beatles, Neil Aspinall. La canzone chiude la cornice del concept album, lasciandone quindi fuori “A Day in the Life”, apice del disco e uno dei pezzi più belli di sempre.
A Day in the Life
«I’d love to turn you on.»
Lennon che scrive per davvero una canzone insieme a McCartney, McCartney che canta un testo sulla sua adolescenza (e nel frattempo non muore in un incidente stradale), John che recita una parte nel film “How I Won The War”, un amico che non c’è più, un’orchestra al gran completo che suona vestita in modo bizzarro un crescendo altrettanto bizzarro, una mattina inglese, un canto che si perde nelle nuvole; ci vuole il contenuto di 4000 buche nel terreno per riempire la Royal Albert Hall, tre pianoforti che suonano un accordo infinito, John Lennon che inserisce un richiamo per cani alla fine del disco, voi che togliete il vinile dal piatto pensando che forse è vero quello che diceva papà: la musica una volta era migliore.
Questa recensione è dedicata a mio padre che mi ha fatto conoscere i Beatles quando ero bambino.