
Banco del Mutuo Soccorso | Darwin! (1972)
Uno dei vertici del progressive italiano, un caso unico di darwinismo in musica
“Io credo che questo genere di rock che chiamano progressive sia stato, quando è nato, un esperimento d’avanguardia, perché la musica è come qualunque cosa, va messa nel contesto in cui nasce. Se poi noi pensiamo ad esempio a Caravaggio come un classico, quando Caravaggio ha dipinto i propri quadri era una rivoluzione incredibile. Lui ha pensato alla luce elettrica, ai tagli teatrali di nero e bianco quattrocento anni prima che Edison scoprisse la lampadina. Se lo vediamo oggi come un classico, allora era avanguardia, un’innovatore. Il Banco oggi è un classico, siamo stati però sicuramente avanguardia, profonda avanguardia. Chiaramente, questo ci ha reso la vita difficile per certi versi, ma ci ha dato un respiro lungo per altri.”

Banco del Mutuo Soccorso
In questa intervista Vittorio Nocenzi, tastierista dei Banco del mutuo soccorso, parla del loro secondo album, il bellissimo concept Darwin. Tutto quello che Nocenzi ci dice è condivisibile, Darwin è stato un’opera pionieristica e avanguardistica se la vediamo all’interno del suo scenario italiano, ma anche se spostiamo lo sguardo oltre resta sempre un’opera di livello altissimo. Se esaminiamo i testi di Francesco Di Giacomo credo si possa dire che siamo al vertice del progressive italiano, non ricordo altri gruppi italiani che abbiamo scritto testi tanto colti e poetici allo stesso tempo. Siamo di fronte ad un caso più unico che raro, quasi un trattato di biologia trasformato in poesia ed adattato alla musica.
Il mio parere è che Darwin sia il miglior album di progressive italiano.
Il tema è ovviamente l’evoluzionismo, il darwinismo. Si parte dalla nascita della Terra, alla formazione dell’atmosfera, alla nascita delle prime forme di vita che si evolveranno sino all’uomo, alla socializzazione, alla scoperta dei primi sentimenti (l’amore) sino all’estinzione. La musica è un progressive molto complesso e colto, con chiari riferimenti ai Gentle Giant, ELP ed altri gruppi classici. Queste influenze verranno poi rinnegate da Nocenzi che in un’intervista molto strana dice addirittura che quando si registrava Darwin lui neanche conosceva i Gentle Giant ma che la sua unica ispirazione era la musica classica. Io a questo non credo per niente, anzi la ritengo una frase piuttosto ingiusta.
Il primo brano è il capolavoro dell’album, L’Evoluzione è il vertice della complessità della musica, dei testi e dell’ispirazione di tutti i componenti, dal piano, alla chitarra, alla voce.
Si parte dal concetto di evoluzione.
Prova, prova a pensare un po’ diverso, niente da grandi dei fu fabbricato
ma il creato s’è creato da sé, cellule fibre energia e calore.
Si arriva alla nascita delle prime forme di vita sino all’uomo.
Informi esseri il mare vomita sospinti a cumuli su spiagge putride
i branchi torbidi la terra ospita strisciando salgono sui loro simili
e il tempo cambierà i corpi flaccidi in forme utili a sopravvivere.
E se nel fossile di un cranio atavico riscopro forme che a me somigliano
allora Adamo non può più esistere e sette giorni soli son pochi per creare
e ora ditemi se la mia genesi fu d’altri uomini o di quadrumani.
Il finale è il più poetico, il sole che ha riscaldato una Terra disabitata, ora ha chi potrà percepire il suo calore
Alto, arabescando un alcione stride sulle ginestre e sul mare
ora il sole sa chi riscaldare.
Il tutto accompagnato dalla splendida musica di Nocenzi, il livello è altissimo, quattordici minuti maestosi, nulla da invidiare ai tanti gruppi classici internazionali del genere.
Anche con La Conquista Della Posizione Eretta si mantengono livelli eccelsi. Qui si parla della difficoltà e della lentezza dell’evoluzione. La voce di Di Giacomo simula la sofferenza di un ominide che non riesce ancora ad assumere una posizione eretta e questo lo svantaggia. Dopo i primi cinque minuti strumentali, ancora dei testi splendidi.
Steli di giunco e rughe d’antica pietra odore di bestia orma di preda
nient’altro vede il mio sguardo prono se curva è la mia schiena
Potessi drizzare il collo oltre le fronde e tener ritto il corpo opposto al vento
io provo e cado e provo e ritto sto per un momento.
Dopo un bell’intermezzo strumentale molto jazzato, che riprende Metamorfosi del primo album, La Danza Dei Grandi Rettili, si arriva a Cento mani e cento occhi. E’ il momento in cui gli animali o gli uomini socializzano e capiscono che insieme possono difendersi meglio ed essere più sicuri. La musica e i numerosi cori fanno certamente pensare ai migliori Gentle Giant.
Il brano più triste e commovente è 750.000 anni fa, l’amore?, in cui l’evoluzione continua fino a creare i primi sentimenti, tra cui l’amore. Si immagina un ominide brutto e peloso che ha i primi pensieri d’amore verso una donna, pensieri che non riesce a esprimere in quanto ancor privo di un linguaggio articolato. Poesia pura.
Gli ultimi due brani, Miserere alla Storia e Ed Ora Io Domando Tempo Al Tempo Ed Egli Mi Risponde… Non Ne Ho! hanno in comune la descrizione della fine. L’evoluzione c’è stata ma è destinata a terminare in un solo modo, l’estinzione, la fine della propria razza. Questo è inevitabile, ma l’uomo, non sazio del tempo che ha già avuto, ne chiede ancora. La risposta è Non ne ho! Non c’è altro tempo.
Disco immenso, da possedere assolutamente, migliore del precedente sopratutto per la splendida accoppiata testi-musica che qui raggiunge i più alti livelli sia dei Banco che di tutto il progressive italiano.